Martedì, 17 Settembre 2013 22:04

FestivalFilosofia 2013 Amare. Alla ricerca di Diotìma

Scritto da  Gerardo

Ringraziamo il nostro Giuseppe Picone per la scheda di recensione sugli interventi da lui seguiti alla tredicesima edizione del FestivalFilosofia.
Nel seguito, oltre la scheda, anche alcune fotografie dell’evento.




A mo’ di recensione
Dunque sono in debito con i lettori del nostro sito. Avevo promesso che avrei, forse, riferito di un possibile ottavo personaggio del Simposio di Platone, probabilmente reincarnato in quel di Modena, Carpi e Sassuolo ove si è svolta (felicemente) la tredicesima edizione del FestivalFilosofia, dedicato all’amore. Anzi di una nuova Diotìma. Ebbene delle cinquantacinque lezioni, ne ho potuto seguire solo dieci: otto uomini e due donne. La fortuna mi ha assistito. Proprio in quelle due donne credo di aver scorto due filosofe straordinarie, insomma due vere e proprie “Maîtres à penser”(ah il maschilismo nascosto in ogni dove: soprattutto nel linguaggio!).

La prima si chiama Elena Pulcini. Chi è costei? Forse una illustre sconosciuta? Non proprio. Vi basti sapere che è stata accolta sul palco della tensostruttura di Piazza Re Astolfo di Carpi, in una sala gremitissima, da un applauso così caloroso e prolungato che di solito si riserva agli oratori a fine lezione. Elena Pulcini ha parlato di “cura” nella doppia accezione che gli anglofoni denotano con due termini diversi: “cure” e “care”, vale a dire una medica e assistenziale strictu sensu da una parte e “cura del mondo” (è anche il titolo di un importante saggio della Pulcini pubblicato da Bollati Boringhieri) dall’altro. Attraverso un colloquio affascinante (altra peculiarità femminile: la lezione ha dato un amplissimo spazio alla discussione con i presenti) la nostra filosofa ha effettuato una critica serrata del pensiero moderno tutto incentrato sulla individualità dal quale emergeva incontrastato l’uomo sovrano, relegando la cura ai margini della vita pubblica e affidata esclusivamente alla donna, rigorosamente relegata nel “chiosco della vita privata” (Rousseau); esaltando, nella sua espressione più avanzata e progressista, più la libertà e l’uguaglianza a scapito della fraternità. Elena Pulcini ha rovesciato tutto questo: la salvezza dell’Occidente passa soprattutto attraverso il riconoscimento da parte della umanità (donne e uomini insieme) della propria fragilità, vulnerabilità. Questo implica non solo riconoscere l’altro/a, ma essere con l’altro. Dice Pulcini: “L’altro è oggetto della mia passione. L’altro è colui con il quale entro nel rischio della relazione. Siamo animali relazionali non egoistici”. La cura riguarda tutto il genere umano. Inoltre mai potrà esserci cura senza eros. L’invito ultimo che la filosofa ha fatto, dimostrando così che i filosofi non vivono nell’empireo, ma operano attivamente per la trasformazione del mondo: “Trasformare la logica di cura in uno stile di vita!”
Elena Pulcini vive a Firenze. Insegna Filosofia sociale presso il Dipartimento di Filosofia della Università. Le sue opere sono tradotte nelle lingue più diffuse del mondo.

La seconda si chiama Anne Dufourmantelle. Filosofa e psicoanalista vive e svolge le sue molteplici attività a Parigi. La sua lezione è stata “funestata” dal fatto che era situata a ridosso di una lezione tenuta da una grande star (anche i filosofi hanno le loro star) e la trepidazione e l’attesa quasi messianica aveva pervaso l’enorme spazio che a Modena va da Piazza XX Settembre a Piazza Grande: la vera e propria agorà del FestivalFilosofia. La sua lezione è stata una continua sorpresa. Un po’ come nell’“Alice nel paese delle meraviglie”, opera che le è servita da cartina di tornasole per il discorso filosofico che andava svolgendo. Dai latini a Mina Tauher (personaggio del suo saggio intitolato “En cas d’amour. Psychopathologie de la vie amoureuse”) il suo è stato un lungo viaggio che aveva, al tempo stesso come materia di spinta e destinazione, l’amore. Amore come stordimento e desiderio. Un viaggio che ha avuto come attori non solo la nostra filosofa (lasciatemelo dire: donna molto bella e di sublime fascino), ma anche tutti noi felicissimi ascoltatori. Volendo significare con questo che le nuove protagoniste della scena filosofica, immettono nel loro lavoro una grande carica umana e riescono mirabilmente a coniugare le idee con i comportamenti. A cosa porta dunque questo lungo viaggio desiderante e stordente? Porta semplicemente a noi stessi, non più singoli ma plurimi. Porta alla crescita di ognuno di noi. Una crescita che è un approssimarsi a un “noi” sconosciuto, che fa vacillare la nostra identità e ci porta a cambiare scala nella vita, esercizio veramente difficile, ma che, se ci porta a essere meravigliati in continuazione di qualcosa, significa che siamo sulla buona strada.


San Gimignano, 16 settembre
Giuseppe Picone


Seguono tre foto





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